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Turismo Religioso in Costa d’Amalfi: le chiese di San Michele, di San Giacomo e di Sant’Elia a Furore

11-Febbraio-2017

Di Giuseppe Liuccio

Sono carichi di emozioni forti ed intense i ricordi che mi legano a Furore. Ne rievoco qui di seguito una trance. Era cominciato in mattinata il mio pellegrinaggio d’amore alla scoperta del fiordo rinato nel pregevole restauro conservativo. E m’ero incantato all’alba che biancheggiava a gola di strapiombo, alla brezza che increspava il pelo all’acqua verde quasi a carezzare scale di un costrutto che è vero nel dipinto delle rocce. Mi danzavano allo specchio tremulo dell’emozione immagini di stagioni giovani e con l’agave che succhiava vita alle falesie e minacciava trafitture ai ceppi di fichidindia esposte a barricate precipiti a voragine di mare. In bilico erano cupole di cielo a terrazzi scoscesi ebbri di sole, che indorava generoso pergole di vigne.

Ed era un miracolo di esistere quel fiordo, frutto d’amore di montagna e mare. E mi sembravano inadeguate le parole, pur sincere, a celebrare un evento sospirato da decenni. Ora le case dei pescatori erano lì, nei colori tenui, a scalare le rocce ed a confondersi con esse. E pulsava di vita quel mini auditorium per conferenze di prestigio ed accadimenti di straordinaria valenza. Ed il borgo si offriva, luogo di magia e di mistero, all’estrosa fruizione di poeti e pittori invasati dal “furore” dell’ispirazione. E nel risucchio lieve dell’onda, che dilavava alla radice scale minuscole e fessure di roccia, si materializzava voce e figura di Anna Magnani, sanguigna e passionale, possessiva e furente nelle scenate di gelosia con Rossellini, maestro e amante. “Le vie del cinema”, felice intuizione del bravo Michele Savino su input del vulcanico Raffaele Ferraioli, si popolavano di fotogrammi d’arte e di vicende umane nella ressa da “museo della memoria” con star di livello internazionale che fecero della Costa d’Amalfi il palcoscenico di amori trasgressivi e di tradimenti clamorosi.

C’è l’arte antica delle chiese raccolte, aperte ai venti e al mare, con il profumo di campagna che svapora nelle tre navate di San Michele Arcangelo, come di San Giacomo e in quella unica e bellissima di Sant’Elia con quel pregevole trittico di Angelo Antonelli datato 1479 e rappresentante la Vergine con ai lati Sant’Elia e San Bartolomeo. C’è arte e fasto in qualche palazzo gentilizio, testimonianza di arroganza di qualche isolato signorotto sempre a galla nell’alternarsi delle vicende politiche. C’è arte nelle case di campagna con le caratteristiche coperture a volte estradossate, accecanti nel bianco nitore della calce viva in contrasto con il verde screziato d’oro dei limoneti e quello arabescato di viola dei vigneti generosi nella stagione giusta. C’è arte nelle macere che delimitano terrazzamenti e si infiocchettano di zucche gialle o verde screziato a forma di palle che minacciano di rotolare giù per la collina nei mesi della primavera avanzata. C’è arte nei muri dipinti e nelle strade e nelle piazze a tutela di sculture, atti d’amore di artisti invaghiti di un paese che non c’è, di un territorio relativamente vasto che non ha contrade popolate, d’una comunità che poggia i piedi nell’acqua e presta gli occhi al cielo e la cui vita è un atto di generosa fedeltà alla campagna, che ride di vigne e limoni nell’aria iodata del mare e canta epopea di lavoro alla brezza che rotola nella gola del fiordo in un mèlange d’intesa con la risacca dell’onda. E voci di richiamo si rincorrono sulle colline e nei poderi dalle finestre delle case, occhi aperti a dominio di campagna e mare.

È il paese ideale per una domenica dove già alita la primavera per praticare il precetto della Messa festiva in una delle belle chiese, che sono un anticipo di paradiso. Per il pranzo con famiglia e amici il mio ristorante preferito è “Da Bacco”, un terrazzo spalancato sull’infinito del mare dei miti e della Grande Storia con in lontananza, tra l’altro, Licosa e Palinuro e sulla destra le sirene spiaggiate a “Li Galli” di Positano. Ebbrezze di odori e sapori con la complicità smemorante di un “Fior d’uva” di Marisa Cuomo! E dopo pranzo, tenuto conto che domenica siamo già all’antivigilia di San Valentino, è consigliabile a tutti una passeggiata a passi lenti a Punta Sant’Elia. Lì è facile provare emozioni intense percorrendo a passi lenti la “Via dell’Amore”, soprattutto se la brezza sbriglia lieve l’argento degli ulivi e riempie l’aria di profumi di macchia mediterranea. Sui muri a secco si materializzano le voci dei poeti eternate in arabeschi di lapidi policrome fin all’abisso che dirupa sul vallone de “La Praia” ad abbrancare mare nella gloria della luce. Oh, la poesia di uno dei più belli borghi d’Italia!

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